Micigliano - Guida Turistica

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.: DA VEDERE
 Il Paese ha conservato pressoché inalterato l'impianto urbanistico originario con il cassero che racchiude la chiesa parrocchiale dedicata a S. Biagio. Sul fianco esterno di questo edificio rivolto su largo S. Biagio è murata una lapide in pietra locale con iscrizione che porta la data del 16 luglio 1094; vi si commemora l'inaugurazione della chiesa di S. Michele Arcangelo avvenuta alla presenza del vescovo di Rieti e dell'abate dei SS. Quirico e Giulitta.
 I resti della chiesa di S. Michele Arcangelo sono visibili in Loc. Rara lungo il sentiero che consente di salire sul Monte Terminillo attraversando una zona di suggestiva bellezza.
 Da rilevare che nell'epigrafe l'ambito cronologico viene indicato ricordando la presenza sul soglio pontificio dell'antipapa Clemente III (1080 - 1100). Questa e' l'unica attestazione epigrafica dell'esistenza dell'antipapa, noto altrimenti solo da fonti storiche, consacrato in Laterano nel 1084 dall'Imperatore Enrico IV (1056 - 1106) in contrapposizione al legittimo pontefice Gregorio VII (1073 - 1085).
 La vita del paese si svolge principalmente nella piazza principale (p.zza del Popolo) esterna al centro storico, dove è troviamo l'unico emporio di Micigliano.
 Nella piazza oltre al monumento ai caduti, ricodati ogni 12 agosto dai cittadini con un'apposita commemorazione, è presente il vero e proprio simbolo del paese "l'albero della piazza con la panchina rotonda".
 Partendo dalla piazza si risale per via principale del paese: via San Biagio, che lo attraversa fino ad arrivare alla chiesa parrocchiale.
 Al di fuori del centro abitato si erge anche la chiesa di S. Lorenzo, un piccolo edificio a navata unica con portico antistante. Dietro l'altare un affresco rappresenta il diacono Lorenzo con in mano la graticola, simbolo del martirio, affiancato da S. Stefano.
L'Abbazia dei SS. Quirico e Giulitta
 Il monumento più importante di Micigliano è l'Abbazia dei SS. Quirico e Giulitta che sorge nell'area pianeggiante compresa tra la via Salaria (altezza km. 113,500) ed il corso del Velino. .
 Alla fine del 1993, grazie all'Amministrazione Comunale di Micigliano, è iniziata la riscoperta di questo antico monastero benedettino, situato sulla Via Salaria a circa 30 chilometri da Rieti, capitale dell'antica Sabina.
 La ristrutturazione ha consentito il completo riutilizzo dell'intero complesso.
Museo Civico delle Tradizioni Popolari.
 L'amore ed il rispetto per il patrimonio storico-culturale si esprimono a Micigliano anche attraverso il locale Museo Civico delle Tradizioni Popolari.
 Ospitato in un edificio prospiciente la sede del Comune, il Museo raccoglie le testimonianze della civiltà agricola e pastorale tipica dell'area gravitante sull'Alta Valle del Velino articolate in un percorso espositivo che passa gradualmente dall'ambiente esterno (campi, boschi, monti) a quello urbano, per concludersi, attraverso la cantina, nel cuore della casa. Vengono cosi' documentate le attività economiche basilari, quali il lavoro dell'agricoltore, del pastore, del boscaiolo, del fabbro e del falegname, con l'esposizione di oggetti capaci di suggestioni profonde evocatrici di un mondo da non dimenticare.
 Da sottolineare nel settore riservato all'agricoltura l'esposizione di aratri, da quelli piu' antichi di legno a quelli piu' recenti in ferro, e di tregge (loc. traglie), speciali slitte trainate da buoi la cui forma è in relazione al tipo di materiale trasportato (sassi, concime e prodotti delle colture). La coltivazione delle castagne - da sempre attività economica basilare per la comunità di Micigliano - è documentata da rastrelli e ramazze utilizzati per la pulitura del terreno, molle (loc. mordacchie) per l'estrazione delle castagne dai ricci, cesti e panieri per la raccolta e trasporto dei frutti, graticci (loc. rate per l'essiccazione delle castagne al calore del camino.
 L'opera del falegname è presente in ogni angolo del Museo con l'esposizione di arche e casse di diverse dimensioni, arricchite da pregevoli motivi decorativi incisi: nel tipo grande si conservano le granaglie, in quello medio viene riposto il pane, in quello piccolo si custodisce il corredo. Al lavoro del fabbro riportano tutta una serie di strumenti, quali il mantice per la fucina, martelli, tenaglie, lime, trapani, stampi per fabbricare chiodi, che servivano per costruire gli attrezzi agricoli (zappe, vanghe, falci, vomeri per aratri) o venivano impiegati nell'attività di maniscalco svolta dallo stesso fabbro.
 La viticoltura, altra importante attività produttiva del luogo, è documentata da un particolare strumento impiegato nella pigiatura dell'uva: l'abberrocchio. Questo è un rudimentale torchio formato da una grossa trave fissata, per una estremità alla parete della cantina dove è addossata la vasca di premitura; alla parte opposta della trave è attaccata una grossa pietra che viene sollevata da un mulinello e che, ricadendo, trascina in basso la trave la quale a sua volta preme le vinacce contenute nella vasca tramite una pila di tavole poste al di sopra.
 La tessitura e la filatura sono ampiamente illustrate da un telaio completo di tutti i suoi elementi (cassa, licci, pettini, subbi, navette e spole) e da quelli strumenti come i fusi, le rocche, gli aspi e i filatoi che permettevano il confezionamento sia della biancheria che degli indumenti necessari a tutti i componenti della famiglia.